venerdì 9 marzo 2012

Charles Darwin




Charles Darwin
Naturalista inglese (Shrewsbury, Shropshire, 1809 - Down, Kent, 1882).    
Uno dei biologi più importanti della storia delle scienze, Charles Darwin rimane, per gli scienziati, l’autore che per primo dimostrò che l’evoluzione delle specie è una realtà e, per il grande pubblico, il padre della teoria secondo la quale “l’uomo discende dalla scimmia”.
La teoria dell’evoluzione di Darwin
Con Darwin, nel XIX secolo, è il posto stesso dell’uomo sulla terra che è rimesso in questione: secondo il naturalista, l’uomo è apparso sulla terra obbedendo allo stesso meccanismo delle altre specie animali, cioè discendendo da specie ancestrali (probabilmente dalle scimmie), e non, come dice la Bibbia, dalla volontà creatrice di Dio. Questa teoria dell’evoluzione delle specie si oppone anche alla nozione di creazione per mano di Dio della totalità delle specie. Darwin non era tuttavia il primo ad avere avanzato una teoria evoluzionista: all’inizio del XIX secolo, lo zoologo francese Jean- Baptiste Lamarck aveva proposto la sua, ma senza riuscire a convincere i suoi colleghi. Fino al 1859, la Comunità scientifica, tra cui Darwin all’inizio della sua carriera, considerava ogni specie viva come un’entità fissa ed immutabile (teoria del fissismo). Il riesame di una concezione così fondamentale deriva allo stesso tempo da una riflessione che Darwin condusse nel corso della sua formazione e della sua carriera, e dai progressi delle conoscenze intervenuti alla sua epoca.
La vita di Darwin
Charles Darwin nacque il 12 febbraio 1809 a Shrewsbury (a ovest di Birmingham), in una famiglia agiata (suo padre era medico). All’età di sedici anni, è inviato all’università di Edimburgo per compiere studi di medicina. Ma, poiché questi non lo coinvolgevano affatto, suo padre gli propose di diventare pastore e seguire, di conseguenza, l’insegnamento classico dispensato all’università di Cambridge. Tuttavia, la materia che lo interessa da sempre è la storia naturale: durante tutta l’infanzia si è appassionato alle collezioni (coleotteri, minerali) ed all’osservazione degli uccelli in occasione delle escursioni in campagna; più tardi, ad Edimburgo, raccoglie le conchiglie ed impara a cacciare, quindi a impagliare gli uccelli. Queste pratiche lo conducono a partecipare a società locali di storia naturale - pubblica ben presto nei loro bollettini brevi articoli sugli animali che raccoglie - e a ricercare la compagnia di naturalisti esperti.I viaggi d’esplorazione erano stati numerosi fin dal secolo precedente. Riportando una messe impressionante di informazioni sulla geografia.

Il viaggio d’esplorazione a bordo del Beagle
A Cambridge, Darwin si appassiona alla lettura dei lavori di Alexander von Humboldt, un grande naturalista ed esploratore dell’inizio del XIX secolo. Ciò gli dà l’idea di intraprendere anch’egli un viaggio d’esplorazione e gli ispira «il desiderio bruciante di aggiungere foss’anche un contributo modesto al nobile edificio delle scienze della natura» (come scriverà nella sua autobiografia). L’invito ad imbarcarsi a bordo del Beagle non può dunque cadere meglio. Il vascello viene equipaggiato il 27 dicembre 1831 per un viaggio che durerà cinque anni (fino al 2 ottobre 1836) e che sconvolgerà il destino di Charles Darwin.
Charles Darwin: Beagle
Durante tutto il viaggio, Darwin compie osservazioni geologiche sulle coste sudamericane, raccoglie fossili ignoti (scheletri di armadilli e di roditori giganti) ed esemplari di qualsiasi tipo di animali attuali (uccelli, anfibi, crostacei, insetti). Il suo catalogo alla fine del viaggio indicizza ben 3.907 esemplari diversi riportati a bordo.
Da questa massa enorme di osservazioni trae pubblicazioni scientifiche in ambito geologico e zoologico, che appaiono negli anni che seguono il suo ritorno (1840-1843). Nello stesso tempo pubblica anche il suo giornale di viaggio. Tutto ciò lo rende famoso presso il pubblico, ed è accolto dai suoi colleghi sia come geologo che come zoologo. Darwin infatti, ha apportato importanti contributi alla geologia (la sua teoria della formazione dei atolli e delle scogliere coralline è ancora insegnata al giorno d’oggi), alla paleontologia ed alla zoologia. Numerose specie sono state battezzate in suo onore, come uno struzzo sudamericano fossile, il nandù (Rhea darwini), o una rana che vive tutt’oggi in Cile, Rhinoderma darwini.

Il problema dell’estinzione delle specie
Al ritorno dal viaggio d’esplorazione, le osservazioni condotte in Sudamerica sulla distribuzione delle specie, tanto fossili che viventi, conducono Darwin a porsi dei quesiti di grande profondità scientifica, che lo porteranno a mettere in dubbio il dogma della fissità e della permanenza delle specie. A prima vista, questa nozione è risolvibile col buon senso, poiché i gatti generano soltanto gatti e mai nessun tiglio è nato da una ghianda di quercia. Questa costanza evidente delle specie, inoltre, è corroborata dal testo della Genesi secondo il quale tutte le specie sono state create tali e quali ab aeterno, immutate e immutabili dall’origine dei tempi.
Tuttavia, l’attenzione di Darwin fu catturata in Sudamerica dal fatto - che induceva a pensare - delle specie estinte, di cui aveva trovato numerosi fossili. Non era tuttavia il primo a fare questo tipo di constatazione: nel corso del XVIII secolo, le scoperte di resti di mammut, di mastodonti (tipi di elefanti giganti), di mosasauri (rettili) si erano moltiplicate. Per spiegare questa massa di indizi palesemente contrari alla nozione di permanenza delle specie, scienziati quali lo zoologo francese Georges Cuvier, avevano avanzato, all’inizio del XIX secolo, l’idea delle “creazioni successive”. Dio avrebbe creato una fauna, quindi l’ avrebbe distrutta tramite un’inondazione o altre catastrofi di grande portata, e questo processo si sarebbe ripetuto varie volte nel corso dei tempi geologici.

La posizione di Lyell
Il geologo britannico Charles Lyell confutò questo tipo di teorie catastrofiste nel suo lavoro fondamentale «Principi di geologia» (1833), libro letto da Darwin a bordo del Beagle. Ma il fenomeno dell’estinzione delle specie restava ancora non spiegato. Come tutti gli scienziati del suo tempo, Lyell pensava che le specie fossero “immutabili” nelle loro caratteristiche anatomiche e fisiologiche. Riteneva dunque che, se le condizioni dell’ambiente mutavano, era possibile che le specie diventate inadatte potessero perire, come potrebbe farlo qualsiasi specie, normalmente adattata ad un clima temperato ed umido, costretta a vivere in un clima caldo e secco. Tuttavia, un problema rimaneva poiché, secondo le concezioni filosofico-teologiche dell’epoca, l’estinzione di una specie creava “un vuoto nella totalità” della natura. Occorreva dunque che una nuova specie apparisse per riempire questo vuoto. Ma, era pertanto concepibile che Dio vigilasse in ogni punto del mondo allo stesso tempo sia sull’estinzione delle specie che sulla creazione di specie nuove?

L’influenza della filosofia deista
La filosofia deista, che come noto ipotizzava un dio creatore non confessionale e non dogmatico, un “Dio orologiaio” secondo la nota espressione – filosofia che dominava all’inizio del XIX secolo, e alla quale Lyell aderiva -, non poteva ammettere l’azione costante di Dio sul mondo tramite interventi “miracolosi”.
Nel quadro di questa filosofia, Dio aveva creato il mondo all’origine, ma, così facendo, l’ aveva dotato di leggi universali, come quella della gravitazione, che presiedono all’accadere di tutti i fenomeni; così, il suo intervento “personale” non era più necessario da allora in poi. Il compito degli scienziati era precisamente di scoprire e comprendere queste leggi, in particolare, nel caso dato, della comparsa di una specie nuova, venuta a sostituire un’altra, scomparsa. Poche soluzioni valide si offrivano agli scienziati, a parte la teoria della discendenza delle specie: una nuova specie sorge da una specie precedente, allo stesso modo che ogni essere vivente deriva da un altro essere vivente.
La spiegazione del processo evoluzionista suppone l’ammissione che una specie possa modificarsi (cambiare la forma di alcune delle sue caratteristiche anatomiche: ad esempio, acquisire un becco più lungo); è la soluzione adottata da Lamarck all’inizio del XIX secolo (la giraffa che allunga il collo), ma Lyell, assertore della fissità delle specie, non poté accettarla e non diede alla fine alcuna spiegazione soddisfacente alla comparsa di specie nuove - in piena contraddizione con le sue concezioni deiste, lasciò anche intendere che Dio intervenisse col sussidio dei “miracoli”.
Questa discordanza non sfuggì a Darwin quando egli lesse il libro di Lyell, poiché in quegli anni era lui stesso ancora un “fissista”, come tutti i biologi dell’epoca. È soltanto dopo il suo ritorno, nel1837, quando provò a ordinare le osservazioni riportate dal suo viaggio, che ebbe le sue prime intuizioni, secondo le quali le specie possono evolvere. Mise tuttavia oltre venti anni ad elaborare e pubblicare la sua teoria della “discendenza con modificazioni”, o teoria dell’evoluzione delle specie.

I fringuelli delle isole Galapagos
Gli indizi che conducono Darwin alla teoria della “discendenza con modificazioni” sono in primo luogo le rassomiglianze tra alcune specie estinte, di cui trova i resti nelle grandi pianure del Sudamerica, e delle specie che vi vivono tuttora: uno dei suoi fossili presenta una corazza ed una forma simili a quelle dell’armadillo attuale, se non fosse che esso doveva essere molto più grande; un altro somiglia al bradipo; un altro ancora, al formichiere. Queste osservazioni gli suggeriscono l’ipotesi che le specie vissute precedentemente nella pampa argentina sono gli antenati di quelle che la popolano attualmente.
L’idea della discendenza tra le specie si impose a Darwin con ancora più forza quand’egli studiò gli uccelli delle isole Galapagos. In quest’arcipelago, situato nel Pacifico al largo delle coste dell’Equatore, osserva, ad esempio, tredici specie di fringuelli, chiamati poi i “fringuelli di Darwin”, molto simili tra loro, ma anche alle altre specie che vivono sul continente vicino. Ogni specie occupa un’isola o un piccolo numero di isole. Ovviamente, l’ipotesi di Lyell sulla comparsa di specie nuove con un atto di creazione non è credibile: Dio non ha potuto prendersi cura di creare tredici specie così simili su altrettante isole vicine le une alle altre. È certamente più ragionevole immaginare lo scenario seguente: una popolazione di una specie originale emigra dalle coste del Sudamerica per stabilirsi in una delle isole e, subendo modifiche che gli permettono di adattarsi al suo nuovo ambiente, genera una nuova specie; quindi, una popolazione di quest’ultimo ambiente migra a sua volta verso un’isola vicina e subisce anch’essa modifiche, che danno luogo alla nascita di una nuova specie, e così di seguito.

Il meccanismo della selezione naturale
Darwin completa la sua teoria della “discendenza con modificazioni” fornendo una spiegazione plausibile: secondo lui, se una varietà, razza o sottospecie si differenzia, è perché occupa un habitat relativamente nuovo, al quale deve adattarsi. Il meccanismo che propone è quello della selezione naturale: gli individui, nell’ambito di una popolazione, non soltanto sono continuamente in concorrenza per accaparrarsi le risorse, ma devono anche far fronte alle condizioni fisiche del loro ambiente (calore, siccità, ecc.). Gli individui più adatti, in queste circostanze, sono coloro che possiedono un vantaggio, anche leggero, rispetto agli altri: un becco più grande ad esempio, che può rompere semi più duri; migliore controllo fisiologico del riscaldamento del corpo o della gestione dell’acqua, ecc. La loro capacità di sopravvivere allunga il loro periodo di riproduzione, cosa che moltiplica il numero dei loro discendenti, che mantengono, secodo leggi dell’eredità, le stesse caratteristiche vantaggiose. Durante il corso delle generazioni, la sottospecie, quindi la specie nuova, tende dunque a essere composta soltanto da individui dotati di queste caratteristiche nuove.

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